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Sulla sommità di una piccola collina a Santa Maria del Campo sfiorati dall’autostrada Genova – Livorno, sorgono i ruderi dell’antico Cenobio di San Tommaso “XII secolo”. Quello che rimane di questo antico e storico edificio sacro è molto poco, qualche muro in pietre squadrate, una colonna con base e capitelli su cui poggiano gli archi che reggevano il tetto, si vedono ancora alcune finestre allungate che sono rivolte verso la valle.
La costruzione si sviluppa su due navate distinte, questa usanza trova esempi conosciuti che si hanno solo in Liguria e in Garfagnana, infatti nel medioevo era solito che gli uomini fossero divisi dalle donne e dai bambini durante la liturgia; anche della facciata di questa antica chiesa non è rimasto molto, si vede un’antica porta d’accesso situata in corrispondenza della navata di destra.
Un restauro avvenuto nel 1924 ha consolidato un’abside ancora oggi ben visibile, altre informazioni su questi ruderi immersi nel verde fra gli ulivi e i castagneti della nostra terra di Liguria, si possono avere dagli scritti dello storico Arturo Ferretto che ha saputo ricostruire abilmente la storia della nostra Rapallo.
Ferretto dichiara che questo monastero dovrebbe essere stato costruito nel 1160, poiché vi è un atto di vendita di terre fra i confini dove sorge il cenobio da parte dei coniugi Giulia e Giovanni Malocello datato 4 febbraio 1161, altro documento significativo è un atto datato 3 febbraio 1230, nel quale il Pontefice Gregorio IX prese sotto la sua protezione le suore di San Tomaso di Genova e ne indica fra i beni la chiesa di San Tomaso a Rapallo e pare confermare l’idea che a costruire questo luogo sacro siano state proprio le suore benedettine genovesi.
In altri documenti del 1200 si apprende che il monastero ebbe una priora il cui nome era Anna e un cappellano di nome Rubaldo. Fra questi preziosi documenti rimasti, uno dei più importanti porta la data del marzo 1247 dove per la prima volta il monastero viene denominato “San Tomaso del Poggio”, e si legge che le suore lo affidano al rettore Lanfranco per quindici anni, consegnandogli per un compenso di 40 soldi le terre sul poggio. Quest’ultimo è quindi un atto importante con il quale, la chiesa di San Tomaso diventa “succursale” della parrocchia di Santa Maria del Campo.
Nel difficile periodo medioevale il monastero ha attraversato non pochi problemi sino ad arrivare alla primavera del 1582, quando il visitatore apostolico Mons. Francesco Bossio vescovo di Novara, effettuato un sopralluogo, stabiliva inesorabilmente la fine di questo monastero chiedendone la vendita, essendo ormai senza più alcun reddito utile alla sua sopravivenza, e preso atto che ormai da tempo non vi veniva più celebrata la messa. La sentenza però non venne subito eseguita e nel novembre del 1597 l’Arcivescovo di Genova Mons. Matteo Rivarola durante la sua visita a Santa Maria del Campo, ordinò invece di distruggere la chiesa oppure di restaurarla a spese del popolo. Il popolo però non riuscì a restaurare il monastero per mancanza di risorse e allora vennero vendute le case canonicali e con il ricavato venne ingrandita la parrocchia di Santa Maria e sul campanile della chiesa parrocchiale vennero accolte le due campane del monastero.
“La tela che il destino ha ordito intorno alla chiesuola di San Tomaso, fu smagliante ed ingemmata di corrusca beltà ed un dramma si svolge pure presso quel nume tutelare che custodiva il poggio poetico.
I baldi ruderi che sopravvissero al tragico eccidio nereggiano ancora in un groviglio di edera, di spini, di rovi e di parietarie, in un velario freddo di muffa annosa, in un manto di lunghi capelveneri tremanti e stillanti: ma quei ruderi, non corrosi del tutto dalla ruggine del tempo, favellano tuttora d’una esuberanza che più non è, di una gloria non del tutto volta al tramonto. Dalle finestre ad imbuto che vi guardano come occhi sbarrati, in mezzo alla cornice delle cose naturali, entra ancora, nelle gaie giornate, un raggio di sole che illumina e scalda quel cimitero d’idoli infranti, e l’abside, quasi intatta, e la maestosa colonna su cui poggiano due archi minaccianti rovina, colle bozze di pietra fosca e quadrata, non riesco a distruggere del tutto ogni suggestione di memoria, sicché, nell’ora buia di angoscia , sono indizi dispersi della storia rapallese, quasi vergognosi, sono voci naufraghe e sommerse nel gran turbine d’oggi”.
Dalla primavera del 2019 l’area dei Ruderi San Tommaso è stata data in gestione dal Comune di Rapallo al Comitato Fuochi Santa Maria con il compito di curarne la manutenzione e valorizzarne gli aspetti culturali e turistici. Da subito i massari del predetto comitato hanno provveduto ad un accurata pulizia dell’area ed hanno organizzato, in collaborazione con Gruppo Storico Rapallo, un’interessante manifestazione denonominata “in viaggio nella storia” svoltasi il 30 giugno 2019.
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